Meditando sulla croce attraverso il SS. Crocifisso della Pietà
Questo 14 settembre il Gran Maestro dell’Ordine del Santo Sepolcro, cardinale Fernando Filoni, si trova a Galatone in provincia di Lecce per presiedere la solenne apertura del 400° anniversario del Miracolo del SS. Crocifisso della Pietà lì ospitato. Questa Icona sacra di Gesù (in foto) risalente al sec. XV rappresenta il mistero della Passione, Morte e Risurrezione del Signore secondo una delle raffigurazioni care alla teologia orientale. Nel 1621 l’immagine era coperta da un velo che la sottraeva alla vista diretta dei fedeli e ne preservava l’immagine ritenuta miracolosa. Davanti agli occhi di vari testimoni il 2 luglio di quasi 400 anni fa, il velo si spostò rivelando che le mani del Signore, slegatesi sul davanti, apparivano allontanare il velo.
In questo giorno di festa per i Cavalieri e Dame dell’Ordine in cui la Chiesa invita a meditare sull’Esaltazione della Santa Croce, così vicina alla nostra spiritualità, condividiamo alcuni stralci dell’omelia pronunciata dal cardinale Filoni sul tema della croce.
«Riflettendo sul mistero della nostra Redenzione può sembrare originale l’espressione “SS. Crocifisso della Pietà”. In verità la parola “Pietà” non significa qui un ‘pio’ sentimento, né evoca l’emotività verso un ‘pover’uomo’ dall’aspetto sofferente. È San Paolo che prima di offrirci una sintesi mirabile della sua cristologia («Colui che è stato manifestato in carne, è stato giustificato nello Spirito, è apparso agli angeli, è stato predicato fra le nazioni, è stato creduto nel mondo, è stato elevato in gloria», 1Tim 3,16), dice che è nostro profondo dovere «confessare che grande è il mistero della pietà (pietas)», cioè dell’affetto e dell’amore ‘passionale’ di Dio per noi, un amore che si offre all’umanità, un amore che trasforma e apre.
L’Icona del Crocifisso che noi veneriamo ci presenta Gesù con sulle spalle un manto purpureo; retrostante si intravede una croce, mentre egli è nel mezzo di un sepolcro con il volto leggermente reclinato che lascia trasparire un sentimento di pace.
Il manto purpureo era il simbolo del potere e del dominio dei re. Sulle spalle di Cristo in verità non c’è la grandezza del potere imperiale, ma il mistero profondo della sofferenza, di un essere umiliato e deriso dai suoi aguzzini, da un Procuratore romano e da capi-popolo che aizzavano la folla. Quello di Gesù è il manto del servizio, del martirio proprio e di ciò a cui sarebbe stata chiamata anche la Chiesa a somiglianza del suo Signore, delle tribolazioni dei fedeli e delle persecuzioni in tanti suoi membri lungo i secoli.